martedì 17 maggio 2011

Il sistema vacilla sotto i colpi dell'astensione

“L’Italia se desta” contro il sistema politico. E lo fa non andando a votare. L’astensionismo è sintomo di una scontentezza chiara, palese e che deve farci riflettere. L’italiano non vota più per due motivi l’uno conseguente all’altro. Il primo motivo è semplice: chi si presenta, ad oggi, non rappresenta un cambiamento. Non ci sono facce nuove ne a destra ne a sinistra e quindi non c’è nulla in questi candidati che possa far auspicare ad un cambiamento. Il secondo motivo, conseguente al primo, è che l’unica arma in mano ai cittadini è il non voto. Non votare significa non essere partecipi nell’avvallare il sistema dando il nostro voto.
Negli ultimi anni, diciamo nella Seconda Repubblica, si vota scegliendo il male minore. Fenomeni eclatanti come la Lega si sono raffreddati non registrando più gli exploit degli anni passati. Anzi, fare politica a colpi di slogan da propaganda elettorale, non paga più. E questo perché il Paese è attanagliato da problemi gravi e radicati. Crisi economica, immigrazione, disoccupazione non si combattono a parole ma con i fatti. La nostra crescita economica è la peggiore dei paesi più industrializzati e il governo non sta facendo nulla. La Germania è la prova che la crisi sta passando. Per noi invece la situazione resta critica.
Ed è per questo che la popolazione è stanca di promesse che non saranno mai mantenute perché ad oggi, lo sappiamo, nessuno le ha mai mantenute e nessuno le manterrà. Chi ci governa sta consegnando il Paese al caos più nero ed è allarmante come a Milano un esponete della sinistra più estrema e pericolosa per ideologia e intenti sia al ballottaggio.
Il messaggio che vogliamo trasmettere è che in Italia l’unico cambiamento possibile può e deve partire dal popolo. Non bisogna nascondersi, bisogna uscire allo scoperto. L’alternativa è responsabilizzarci come cittadini e non temere di metterci la faccia. In che modo? Semplice, le liste civiche sono la nostra arma migliore. Cominciamo a presentare alternative nuove nei comuni, diamo un segnale al sistema che l’italiano non è l’apatico essere interessato al proprio orticello e al calcio ma che invece si sta destando sul serio.

giovedì 28 aprile 2011

Sarkozy e la sudditanza di Silvio

L’Italia non bombarderà la Libia. Anzi sì, bombarderà la Libia. Questa, in sintesi, è la linea tenuta in politica estera dal governo italiano.
Praticamente tutto e il contrario di tutto. Siamo deboli in politica estera. Questo fatto lo avevamo già denunciato poco tempo fa (Europa? No, Grazie!) e il vedere verificate le proprie profezie e poter dire “noi lo avevamo detto” è veramente di magra consolazione.

Sarkozy  viene in Italia, si incontra con Berlusconi, parlano della crisi libica e dell’immigrazione e tempo un’ora dalla fine dei colloqui il nostro ministro della difesa annuncia che l’aviazione militare italiana prenderà parte ai bombardamenti in Libia. Belle marionette!

È dall’inizio della crisi libica che il nostro governo non sa prendere una posizione che sia netta e chiara. Una posizione che deve tutelare gli interessi del nostro paese. Ebbene, tanto per essere propositivi a differenza di critica e basta, noi diciamo che l’Italia non deve spendere un solo euro per una guerra che si sa dove inizia e non si sa dove finisce. Anzi, dobbiamo concentrarci solo sui respingimenti dei clandestini e sul rimpatrio di chi è già arrivato in Italia. Noi non possiamo più mantenere nessuno in Italia. Abbiamo già un bel carrettone di politici scalda poltrone da mantenere ma anche per loro, un giorno, arriverà l’ora del “respingimento”!

giovedì 21 aprile 2011

Europa? No, grazie!

In questo ultimo lustro abbiamo assistito ad una serie di eventi economici, sociali e politici che mai si erano verificati in simultanea sulla scena globale.

Eventi che per comodità vengono inglobati in quello che ormai definiamo “la crisi” riferendoci per lo più alla crisi economica in senso stretto.

Sappiamo come ci siamo arrivati ma non sappiamo come ne usciremo. E questo è un dato di fatto. Infatti, ad oggi, nessuno sa con certezza se la crisi economica è passata oppure se siamo nell’occhio del ciclone e quindi in un momento di calma illusoria.

Ma veniamo al punto. Che parte svolge la Comunità europea in questa crisi? L’Italia, che fa parte dell’Unione Europea, che benefici ha da questa unione? Nessuno. C’è ancora qualcuno che vuole affermare il contrario? E se vuole affermare il contrario, che tesi porta a sostegno?

La situazione libica ha enfatizzato quanto poco l’Unione Europea può servire all’Italia. Ci hanno lasciati completamenti soli nel gestire i flussi di profughi che arrivano dal nord Africa. L’Europa è un club dove solo pochi soci contano sul serio e traggono benefici da questo accordo. Paesi come la Germania o la Francia prendono le decisioni vere, quelle che contano e che hanno peso. L’Italia non è certo uno dei paesi che conta. I nostri politici non sono in grado di riportarci in una situazione di parità nel peso politico internazionale, non abbiamo credibilità.

Ma a prescindere da tutto ciò, a noi cittadini, chi ci ha mai chiesto se volevamo aderire alla Comunità europea con tutto quello che ne consegue? Nessuno! Ci siamo ritrovati l’euro che ha dimezzato il potere d’acquisto delle famiglie, ci siamo trovati il trattato di Schengen con il quale non possiamo controllare chi viene a casa nostra, il trattato di Lisbona con il quale il parlamento europeo potrà decidere sulla vita dei cittadini italiani…

Per noi la scelta giusta da fare ora è la recessione formale dall’Unione Europea perché continuare per questa strada ci porterà, di fatto, ad essere governati da chi neppure conosciamo. Ci hanno tolto la nostra moneta nazionale, ci hanno tolto i nostri confini, il nostro parlamento è costretto a recepire le direttive europee… che altro dobbiamo aspettare? Che cancellino la nostra storia e la nostra identità?

martedì 12 aprile 2011

I bravi amministratori si vedono nei momenti del bisogno. E in Italia non se ne vedono di sicuro.

Non sanno più che pesci pigliare
Il cammelliere Gheddafi lo aveva annunciato, se mi attaccherete l’Europa sarà invasa da decine di migliaia di profughi. Che l’onda umana che arriva dal nord Africa sia la conferma delle minacce del dittatore libico è fuori discussione ma che abbia messo in crisi l’Europa è quanto mai discutibile.
È invece vero che ha messo in crisi l’Italia, dal punto di vista sociale, economico e soprattutto sul piano politico internazionale e nazionale.

È una crisi che colpisce con pari forza il peso politico internazionale del nostro paese e la maggioranza che governa l’Italia. Dal punto di vista internazionale ci siamo mossi male da subito. O meglio, da subito non ci siamo mossi, e quando lo abbiamo fatto lo abbiamo fatto nella maniera che ci viene meglio e cioè nell’italica maniera. Forse Frattini & Co. speravano che la Francia non andasse fino in fondo cosa che invece è successa. Alla Farnesina, per paura di fare brutta figura e compromettere i rapporti con Tripoli hanno tentennato evitando di prendere una posizione da subito anti – Gheddafi. Questa mossa ci ha di fatto estromessi dalla stanza dei bottoni. Le opzioni erano due, fare la parte del leone con la Francia oppure fare come le Germania, disinteressarci del conflitto e negare le basi fino a quando non fosse stata la Nato a chiederle e anche in quel caso avremmo potuto decidere di non concedere le basi ad aerei che invece di far rispettare la no fly zone attaccano anche al suolo (situazione che non era prevista dalla risoluzione ONU).

Fatto sta che questo conflitto libico ha messo in evidenza i punti deboli del governo, come dicevamo, sia nella politica interna sia nella politica estera. Il ministro dell’Interno Maroni sia in sede europea sia su piani bilaterali con Tunisia prima e Francia poi ha tentato di trovare accordi che sgravassero l’Italia del peso dei flussi migratori. Risposta: l’Algeria per aiutarci vuole soldi, la Francia in sostanza dice che ci dobbiamo arrangiare e l’Europa ci risponde che dopotutto i profughi non sono tanti, ce la dobbiamo cavare da soli. E tutto quello che riesce a dire Maroni è che forse non vale la pena di restare in Europa. Che genio! Che statista!

Quindi, dando per assodato che in Europa non contiamo nulla ora ci resta il problema di quella massa umana che è arrivata e sta arrivando in Italia.

Fuga da Manduria
E anche qui il governo ha gestito la situazione in maniera pessima. Non ci piace fare come la sinistra che critica, spara a zero e non propone mai nulla. Per essere pragmatici la questione clandestini andava gestita in questa maniera: trattenere più clandestini possibili a Lampedusa ed evitare di portarli in continente. E questo perché sull’isola più di là non andavano, in continente scappano dai centri accoglienza e chi si è visto si è visto! Da subito invece cominciare con i rimpatri e i respingimenti. Pattugliare le acque territoriali e riportare in acque internazionali i barconi. E se ONU o UE dicono che non è umano che se li vengano a prendere loro.

I leghisti dicono che questa è una situazione eccezionale e noi diciamo che i bravi amministratori si vedono nel gestire casi eccezionali. In questo caso non ci sono bravi amministratori ma tanti chiacchieroni.

Per finire una considerazione: la Germania ci dice che l’onda migratoria del nord Africa è inferiore a quella albanese o kosovara degli anni 90 e quindi meno pericolosa dal punto di vista socio-economico. Ecco, noi alla Germania rispondiamo così: avete preso in considerazione che la disoccupazione attuale e la crisi economica ci hanno resi più deboli rispetto agli anni 90?

martedì 5 aprile 2011

Rispetto.

Rispetto. Se prendiamo il vocabolario e cerchiamo il significato di questa parola troviamo tra le definizioni frasi del tipo: Sentimento che ci induce a riconoscere i diritti, la dignità di qualcuno” e ancora “Sentimento e atteggiamento di deferenza verso qualcuno che si ritiene degno di stima e di onore”.

Questa parola con un significato così importante manca dal vocabolario del politico italiano, sia di destra sia di sinistra. Mancano di rispetto nei confronti di noi cittadini, del popolo, di coloro che dovrebbero rappresentare. Manca perché non c’è rispetto nel percepire 15.000 mila euro al mese di stipendio e magari non essere presente in aula. Non c’è rispetto nel presentarsi in parlamento sotto inchiesta o peggio con condanne passate in definitiva. Non c’è rispetto nel propagandare dottrine anti-italiane ma continuare a percepire le indennità dallo stato italiano.

Questa è una lista minima, ognuno di noi avrà chissà quanti esempi da portare a sostegno del fatto che chi dovrebbe rappresentarci invece non ci rispetta.

La consolazione è che il problema è trasversale, colpisce la destra come la sinistra. Cosa cambia se al posto di Berlusconi c’è Bersani. Proprio nulla. Basta vedere quanti governi ha cambiato l’Italia dal dopo-guerra. Sono cambiate le cose? No, sono solo peggiorate. La Prima Repubblica si è evoluta in qualcosa di più macchinoso ma allo stesso tempo più resistente. La corruzione e le tangenti continuano come se Mani Pulite non ci fosse mai stata. E gli italiani? Sempre lì a lamentarsi, ad aspettare che le cose migliorino e a imprecare quando invece vanno peggio. Attendismo tipico italiano. Ma è ora di dare un taglio a questo sistema. È ora di pretendere quel rispetto che i politici non ci riservano. Lo vogliamo capire che sono al nostro servizio?

Se le cose vi vanno bene così, allora, dopotutto, non meritate rispetto.

giovedì 31 marzo 2011

martedì 29 marzo 2011

Ma quali profughi?!?

Ma li avete visti i "profughi" arrivati a lampedusa? E avete visto donne, vecchi e bambini? E avete visto famiglie impaurite che scappano dall'inferno?

No. Lo so, non avete visto nessuno di cui sopra. Avete visto invece ragazzotti giovani e nel pieno delle loro forze, vestiti di tutto punto e con costosi cellulari. Insomma, l'esatto opposto di ciò che nell'immaginario comune è un profugo.

Questi individui hanno già le idee chiare su dove andare: chi in Francia, chi in Germania e chi nel nord Italia. E sanno già da chi andare, da amici che li stanno aspettando. La cosa che ci deve far preoccupare, se non addirittura spaventare, è che non dicono ciò che vanno a fare in questi posti. Nessuno di loro ha detto di volere un lavoro.

E comunque, visto che di lavoro non c'è molto vista la disoccupazione, che faranno questi?

Cominciate a preoccuparvi cari amici... La loro invasione è cominciata

mercoledì 23 marzo 2011

La necessità del cambiamento

Comitato di Rinascita Nazionale
Rabbia. Questo è il sentimento che purtroppo la situazione politica italiana fa scaturire in me ora. Rabbia per come la politica sfrutta il popolo, rabbia per come il popolo stesso non capisce che il primo e unico problema della nazione è la classe politica che ci governa.
E ancora rabbia nel vedere come la burocrazia sia arma del sistema e come il sistema si ingrassi a spese di noi poveri italianucci lamentosi e attendisti che il destino ci riservi un futuro migliore.

Nei giorni scorsi, guardando le celebrazione per l’Unità d’Italia, in televisione hanno fatto vedere il parlamento in seduta comune. Tutti i nostri senatori e deputati, ministri e sottosegretari insieme in un unico posto. Ebbene, c’è ancora qualche illuso che ritiene che tra quelli ci sia qualcuno in grado di migliorare l’Italia? Non crederete mica che lì in mezzo ci sia qualcuno a cui interessa del pensionato che vive con 500€ di pensione? Pensate veramente che un politico da 18.000€ al mese sappia veramente che problemi ha la gente oggi, nel 2011?

Lo volete capire che il primo problema, chiamiamolo problema Alfa, quello da cui partono tutti gli altri problemi, in Italia è proprio il sistema di questa classe politica?!?

E il secondo problema, grazie al quale il primo problema non viene risolto, è proprio il popolo italiano e il suo atteggiamento di rassegnazione! Ci si lamenta ma nessuno fa niente per cambiare! E non mi dite che è utopia! Svegliatevi! Tutti quanti voi dovete mettervi in testa che il cambiamento deve partire dal popolo italiano, da tutti quanti noi. Basta sudditanza, sia nazionale che internazionale.

Siamo la nazione migliore che il mondo possa avere, siamo il popolo più capace, intelligente, creativo che il mondo abbia. Lo dice la nostra storia ma non si può vivere, o meglio sopravvivere, delle glorie passate. Ci meritiamo questo? Tu che leggi pensi di meritarti uno dei debiti pubblici più alti al mondo? Pensi di meritarti un sistema giudiziario che per chiudere un processo ha bisogno di 10 anni? Pensi di meritarti un ministro dell’istruzione che non investe in cultura, in scienze e sviluppo? Pensi di meritarti la disoccupazione giovanile più alta di Europa? Pensi di meritarti il bunga bunga? O pensi di meritarti la sinistra inesistente e ameba?
Non so se pensi di meritartelo. Io non me lo merito ma soprattutto non se lo meritano i nostri figli e non se lo merita la memoria dei nostri antenati che hanno reso grande l’Italia nel mondo!

E allora smettila di piagnucolare e datti da fare. E come puoi darti da fare? Unendoti a noi per prima cosa. Ricorda, l’unione fa la forza. Insieme possiamo cambiare. Per il bene dell’Italia, prima il popolo.

martedì 22 marzo 2011

Nucleare italiano, come fidarsi di chi non riesce nemmeno a gestire la monnezza quotidiana


La questione del nucleare irrompe in Italia con la stessa violenza del terremoto in Giappone. Si perché quel terremoto e i danni da esso provocati in particolar modo alla centrale atomica di Fukushima hanno creato un’onda emotiva che sta dominando il dibattito sul nucleare in Italia.

Regola vuole che l’emotività sia sempre una cattiva consigliera ed è per questo che parlare oggi di nucleare non serve a molto. Se ti sei scottato con il fuoco poi resti distante anche dal fornello della cucina, in pratica.

Senza ipocrisia o retorica riteniamo che il nucleare è una fonte di energia che va capita, studiata e perfezionata. Perché questi tre verbi? Semplice. Va capita perché ad oggi, nella gente comune, c’è molta cattiva informazione su come funziona una centrale atomica. E la cattiva informazione non aiuta a capire la questione nucleare. Va studiata come fonte energetica perché c’è ancora molto da imparare sul nucleare. La fusione nucleare fredda, ad esempio, è ancora agli albori come tecnica. Tecnica che secondo gli esperti ridurrebbe la produzione di scorie radioattive, ad esempio. E poi va perfezionata perché le odierne tecniche ci permettono di costruire centrali sicure e con le giuste procedure ci permettono di stoccare le scorie in maniera definitiva.
Il disastro ambientale Deepwater
E poi una centrale a carbone, ad esempio, nell’immediato è decisamente più inquinante. Basti pensare a quanta CO2 viene immessa nell’atmosfera, a che impatto ambientale provoca una miniera di carbone e il suo trasporto. Idem per il petrolio. Ricordate la piattaforma Deepwater nel golfo del Messico? Quanto ha inquinato? Ma grazie alle potenti lobby dei petrolieri ora tutto tace… ma questo è un altro discorso.  

Questo comunque è il nostro pensiero in senso assoluto. Riduciamo ora il ragionamento al caso italiano.

La musica cambia. Immaginate la nostra classe politica/amministrativa alle prese con la gestione di una centrale nucleare. Ma se non riescono neppure a gestire i rifiuti normali! Solo in alcune aree del paese, al nord in particolare, si riesce a fare la raccolta differenziata. Per il resto guardiamo cosa è successo a Napoli, montagne di rifiuti per strada senza capire di chi è la colpa e soprattutto senza nessuno che si preoccupasse per la raccolta . Si rischia di fare dei discorsi da leghisti (Dio ce ne scampi e liberi!) ma onestamente è difficile a immaginarsi la Calabria o la Campania in grado di gestire una centrale nucleare senza che il mafiosetto di turno ci metta il naso. E questo tutto a discapito della sicurezza, ovvio.

In Italia non ci si può fidare del nucleare perché non ci si può fidare degli italiani e del nostro modo di affrontare le cose. Triste come concetto ma sfidiamo chiunque a contraddirlo.

sabato 19 marzo 2011

La Libia dovrebbe essere una questione Italiana

Vedere i caccia francesi attaccare le truppe del camelliere e quasi ex rais Gheddafi fa pensare che l'Italia avrebbe potuto gestire l'affaire Libia in maniera diversa. Doveva essere il nostro paese a farsi promotore di qualsivoglia iniziativa. L'Italia così resta in una situazione di limbo nell'area del mediterraneo quando invece dovrebbe essere proprio il nostro paese il principale custode di questa area strategica. Custode di pace e di quella cultura latina che ci ha visti nei secoli come unico punto di riferimento per l'intera zona.
Il nostro governo, che ha concesso molto, anzi troppo al rais di Tripoli, ora rischia di restare con un pugno di mosche in mano. 
E per dirla tutta l'unico paese europeo che sta avendo noie dalla situazione libica è prorpio il nostro. Guardate a Lampedusa che situazione si sta verificando. La popolazione di quella bellissima isola si trova ora in prima linea nella invasione di profughi che scappano dal nord Africa. E l'Europa non ci sta aiutando.

Purtroppo ancora una volta i nostri deprecabili politici non sono in grado di guidare la nostra nazione. Ma cosa ci fanno ancora le nostre truppe in Afghanistan quando il Mediterraneo sta esplodendo? Stanno agli ordini dei sionisti e degli americani come ormai avviene da decenni.

Arriverà il giorno che torneremo grandi tra i grandi!
 

mercoledì 16 marzo 2011

Prima di festeggiare facciamo gli Italiani


Ormai ci siamo, domani è il 17 marzo, giorno in cui ci sarà il clou delle manifestazioni per la celebrazione dei 150 anni di unità d’Italia.

Andiamo subito al punto: c’è poco da festeggiare. Perché? Perché manca una cosa fondamentale per festeggiare l’unità d’Italia, manca lo spirito nazionalista e patriottico. La bandiera, il nostro Tricolore, è al centro di una polemica che solo in Italia poteva nascere. La sinistra si scopre improvvisamente patriottica e si fa in quattro ad esporre la bandiera ovunque. Ma come mai questo improvviso Amor Patrio? Ovvio, per polemizzare con parte del governo, la Lega, che come è chiaro non solo non festeggerà l’unità d’Italia ma sta facendo di tutto per screditare la ricorrenza.

Questo è sintomatico di come nella nostra nazione siamo divisi su tutto e anche di più. Ognuno cura il proprio orticello, piccolo o grande che sia. È perso (o forse non c’è mai stato) ogni buon proposito per migliorare. L’Italia è attanagliata da problemi seri e i politici che fanno? Litigano se usare la bandiera o no. Ma come pensiamo di considerarci una grande nazione se siamo governati da piccoli uomini?

E l’italiano medio cosa fa? Come sempre si adegua, forse rassegnato da questa situazione di pantano politico che infanga la nostra nazione.

Prima di festeggiare bisogna fare gli italiani. Non basta esporre una bandiera per esserlo. Bisogna comportarsi da italiani. Bisogna essere uniti nel rispetto delle regole, dei valori e dei principi che già 2000 anni fa fecero di Roma e dell’Italia il centro del mondo, faro dell’umanità. Quando tutti noi riscopriremo nel nostro animo quell’italianità sopita allora sì che potremmo festeggiare.

sabato 12 marzo 2011

Il Giappone, la grandezza di una nazione

Guardare ad altri paesi e ricercare in questi qualità o comportamenti migliori di quelli italiani è un atteggiamento che non ci piace e che ripudiamo. Ma oggi bisogna fare un’eccezione.

Il Giappone, colpito e messo in ginocchio da terremoto prima e tsunami dopo, ci sta dando un esempio di come una nazione deve essere. Duramente colpiti i giapponesi hanno dato dimostrazione di una dignità e preparazione che non si era mai vista.

Non parliamo del fatto che non si sono viste scene di panico, parliamo del fatto che in quel paese sono organizzati e pronti a tutto. Cosa intendiamo per organizzati? Cerchiamo di spiegarlo. Facciamo l’esempio di ciò che è avvenuto all’Aquila. Edilizia precaria caduta giù come un castello di carta nonostante quella sia un a delle zone più sismiche d’Italia. A distanza di anni il centro della città è ancora un desolato cumulo di macerie. La sciagura usata per farne dello sciacallaggio politico. Addirittura organizzare lì il G8 e per cosa poi? Per sapere che i potenti della terra dormono in comodi letti quando a pochi metri tutta la popolazione era nelle tende?

E si potrebbe continuare. In Giappone invece abbiamo visto come deve essere organizzata una nazione. Organizzata perché le regole sono rispettate da tutti. Perché i politici rispettano il popolo facendo ciò che promettono. Nessuno si sognerebbe di speculare sulla costruzione di un ospedale magari usando materiali scadenti. Cosa che purtroppo in Italia avviene. La corruzione e la speculazione da noi sono all’ordine del giorno e questo rattrista. Diamo per scontato la tangente o la burocrazia pachidermica.

Immaginiamo come sarebbe bello che anche da noi le cose funzionassero: edilizia pubblica all’avanguardia, politici che si occupano di politica e non di gossip, rispetto delle regole…

Ma fino a quando non cambiamo tutta l’attuale classe politica non cambierà nulla.

Prima il popolo.     

mercoledì 9 marzo 2011

I 150 anni dell'Unità d'Italia, un'occasione persa

Il 17 marzo si festeggerà l’Unità d’Italia, data importante che in perfetto stile italiano sta creando più polemiche (sterili) che altro.

Da questa ricorrenza possiamo prendere spunto, o meglio ragionare, su una cosa evidente: in Italia lo spirito nazionalista e patriottico non è presente. Manca e comincia a mancare soprattutto sulla fetta più giovane di popolazione. Questo è sintomatico di una perdita di certi valori che sono importanti per affermarsi come nazione.

Il marchese D’Azeglio disse giusto: “Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gli italiani.” A 150 anni di distanza queste parole sono ancora attuali. Anzi, se nel 1861 la mancanza di spirito di nazione era quasi giustificabile, oggi non lo è più.

Ma cosa intendiamo per nazionalismo? Una definizione a nostro avviso esaustiva è quella che si può trovare su Wikipedia: “Si definisce nazionalismo l'ideologia, che è relativa a quelle dottrine e movimenti che sostengono l'affermazione della nazione intesa come collettività omogenea e ritenuta depositaria di valori tradizionali tipici ed esclusivi del patrimonio culturale e spirituale nazionale”.

Perché ci si dovrebbe trovare qualcosa di negativo in questo? E’ ovvio che chi rema contro a questo sentimento è proprio quella parte di popolazione radical chic, piccolo borghese e legata a una certa ideologia sinistrorsa che altro non è che il cancro di un popolo.

Perché non si perseguita chi discredita la reputazione della nazione? Perché nelle scuole in ogni classe non c’è il Tricolore? Perché non viene eseguito l’Inno Nazionale prima di grandi eventi nazionali?

Quando l’italiano si renderà conto che merita di più in termini di rispetto, allora torneremo ad essere grandi sia come nazione che come popolo. E per rispetto non intendiamo il rispetto estero ma quello interno. Pretendere che le cose girino per il verso giusto, pretendere che chi sbagli paga anche, e soprattutto, se si tratta di un politico.

Essere ligi alle regole sembra però che non sia nel nostro DNA, in particolar modo in certe regioni del meridione, dove ancora si può morire di malasanità e dove l’anti-stato (associazioni criminali) detta legge.

A 150 dall’Unità siamo qua a litigare se festeggiare o meno questa ricorrenza, divisi come al solito su tutto, in pieno stile italico. Peccato, poteva essere l’occasione per smentire una volta per tutte D’Azeglio.

martedì 1 marzo 2011

Disoccupazione, invertire la rotta si può


La disoccupazione giovanile segna purtroppo un nuovo balzo in avanti portandosi al 29,4% dato che segna il record negativo per il nostro paese.

Questa situazione va analizzata a fondo al netto della crisi economica. Si perché se da una parte è vero che la disoccupazione è ciclica, segue cioè i cicli economici, è anche vero che la disoccupazione giovanile supera di oltre 20 punti la disoccupazione media.

È quindi un problema che va al di là della crisi economica. Abbiamo già formulato nel post del 23 febbraio una brevissima riflessione sulla situazione dei pensionati del futuro e ripetiamo ora l’equazione dalla quale siamo partiti:

niente lavoro = i giovani non si sposano = non si creano nuove famiglie = non ci saranno nascite

è un ragionamento meramente apolitico. Non serve essere degli economisti per capire quale sarà il risultato di questa equazione; l’INPS, il nostro istituto di previdenza sociale, collasserà.

Collasserà perché si mantiene in equilibrio tra le entrate, cioè i contributi che vengono versati, e le uscite, cioè le pensione che elargisce. Se il saldo diventa negativo, e cioè l’INPS paga più pensioni che contributi raccolti, l’istituto andrà in passivo.

È già successo in passato che l’INPS abbia avuto dei passivi di bilancio ma questi passivi, in parole povere, dipesero dalla cattiva gestione manageriale dell’ente e non da differenza negativa tra entrate e uscite.

È anche ovvio che se aumenta la disoccupazione, aumenta il numero di persone che non versano i contributi.

Bisogna quindi affrontare il problema in maniera trasversale, non solo in termini economici ma anche sociali.

Cosa bisogna fare? Una prima iniziativa che allo stesso tempo è simbolica ma efficace è quella di ridurre le mega pensioni. Parlo di quelle pensioni riscosse da ex giudici, ex magistrati, ex politici e così via… sapete benissimo che il divario tra queste tipologie di pensione e quelle riscosse dalla stragrande maggioranza degli italiani è enorme. La questione, quindi, è anche morale. Se nel mondo del lavoro ci sono lavori più difficili di altri è inutile affermare che in pensione abbiamo tutti lo stesso peso, non c’è più il giudice o l’operaio ma solo pensionati e tutti devono avere pari dignità.

Entrando più nello specifico si deve impedire alle aziende di andarsene all’estero. Non è vero che gli italiani non vogliono più fare certi lavori (tant’è che la disoccupazione c’è anche fra gli immigrati). È vero invece che le fabbriche chiudono e se ne vanno all’estero. Questo lo impedisci per prima cosa riducendo le tasse, imponendo dazi ai paesi che effettuano concorrenza sleale (così da bilanciare la diminuzione di tasse alla aziende), incentivando la ricerca e sviluppo e non piangersi addosso se assistiamo alla “fuga dei cervelli”. I cervelli non scappano ma vanno dove possono sopravvivere.

La politica economica deve essere protezionistica, la globalizzazione ha portato più oneri che onori. E questo non solo in Italia, non siamo gli unici a soffrire. Se non si inverte la rotta, se non s interviene in maniera decisa, bhè allora ci sarà da piangere lacrime di sangue. Non è una minaccia ma semplice logica.

lunedì 28 febbraio 2011

Ecco a voi il vero "Made in Italy"

Sentiamo ogni giorno parlare di “Made in Italy” e di tutto quello che ne consegue. Il “Made in Italy” è tutto ciò che l’eccellenza italiana produce. Dalle auto alla moda, dalle industrie mediche passando per l’alimentare fino al settore aerospaziale. L’Italia è a tutti gli effetti un esportatore di eccellenza.

I governi che si susseguono hanno salvaguardato tutto questo apparato di conoscenze, tecnica e tradizione ma non hanno fatto abbastanza.

C’è una cosa che nessuno ha sottolineato a dovere. Una cosa che va enfatizzata e protetta al pari di un brevetto industriale. Anzi, va tutelata di più di tutto il “Made in Italy”.

Una cosa che senza di essa non esisterebbe neppure  il “Made in Italy”.

Stiamo parlando della “Gente Italiana”. L’italiano è il primo e vero soggetto da tutelare. Egli è l’artefice di quell’eccellenza che ci è riconosciuta in tutto il mondo e non è una cosa da dare come scontata.

Anzi è un passaggio che va riconosciuto direttamente, un riconoscimento che deve essere una gratitudine a noi stessi. Eccellere nelle arti e nelle professori lo abbiamo nel sangue oramai da secoli.

Questo passaggio è fondamentale per tutti noi, fondamentale perché dobbiamo acquisire la consapevolezza di essere migliori di come ci vogliono dipingere. Questa qualità della “Gente Italiana” dobbiamo metterla in tutti gli aspetti della nostra vita. Come fare, vi chiederete.

È semplice. Basta cominciare dalle piccole cose dettate dall’educazione. Rispettare le file allo sportello delle poste, ad esempio, non basta, devi rimproverare il furbetto che non la rispetta. Cosa da niente direte, i problemi sono ben altri. Giusto. Ma da qualche parte si deve cominciare, e da dove se non dalle piccole cose che noi tutti possiamo fare?

È cambiare mentalità che dobbiamo. Solo così possiamo pretendere il rispetto da tutti, in primis dalla nostra classe politica che come si sa non ci rispetta minimamente.

Il Popolo prima.

giovedì 24 febbraio 2011

Altro fronte: i Balcani

Con preoccupazione apprendiamo che oggi in Croazia ci sono state diverse manifestazoni contro il governo della signora Kosor.

Preoccupazione perchè si intravede il temuto effetto domino sulle varie manifestazioni di dissenso a livello globale. Tutto il Nord Africa, il mondo Arabo, l'Albania, la Grecia, i violenti scontri di Londra e Roma tanto per citare alcune situazione che nelle ultime settimane (non mesi o anni ma settimane) hanno riempito le cronache.

Ricordiamoci che in Italia, nel nostro piccolo, abbiamo un primo ministro che verrà processato il 6 aprile e se condannato si andrà a elezioni. Prorpio in un bel clima, tra l'altro.

C'è chi continua a dire che va tutto bene, che la crisi è alle spalle e che non ci si deve prteoccupare, il peggio è passato. A noi sembra che il peggio stia per arrivare.

Emergenza Nord Africa. O meglio emergenza per l'Italia


In maniera provocatoria qualche giorno fa auspicavamo un protettorato Italiano per la Libia. Oggi ci rendiamo conto che vada come vada servirà una forma di controllo per i flussi immigratori che dal Nord Africa partiranno per l’Italia.

Che vinca o che perda Gheddafi, in Libia ci saranno migliaia di persone che non potranno più rimanere nel paese africano per il semplice fatto di appartenere alla fazione che alla fine dei giochi ne uscirà perdente.

Vista l’evoluzione delle ultime ore, probabilmente, i sostenitori di Gheddafi saranno costretti ad abbandonare il paese. Le direzioni che prenderanno saranno quelle del Mare Mediterraneo e quindi Europa con Italia in testa.

L’ONU ci chiede di accogliere i profughi ma poi cosa si dovrebbe fare? Rimpatriarli a forza? Concedere asilo politico? Non sarebbe più giusto che la UE entrasse in gioco? Qui si rischia che l’Italia si dovrà fare carico di tutti i costi della tragedia umanitaria. Allora non sarebbe meglio gestirla già in Libia? Si eviterebbero centinai di viaggi con le barche della speranza e i rischi che ne conseguono.

L’Europa ha una polizia speciale per le frontiere, la Frontex, già impiegata al confine greco – turco, perché non viene utilizzata? Hanno inviato solo alcune unità, come se bastassero per monitorare il Mediterraneo.

Torniamo al solito problema, l’Europa burocratica è un pachiderma, un qualcosa di macchinoso che snobba le nazioni e ignora i singoli popoli.

E se pensiamo che in Italia, a noi italiani, nessuno ci ha chiesto se ne volevamo fare parte… bhè questo è quanto meno noioso.

mercoledì 23 febbraio 2011

Atene come Il Cairo

Il Mediterraneo sta ribollendo come mai si era visto prima. In questi giorni è stato paragonato alla Cortina di Ferro e all'89 ma credo che qui la situazione sia ben diversa.

Nel lontano 1989 i paesi del blocco sovietico sono usciti dal giogo comunista per entrare in un mondo libero (che poi si siano scontrati con la peggiore parte del capitalismo è un altro discorso) mentre in questo caso, nei paesi mediterranei, c'è lo spettro del fondamentalismo islamico che è una lobby forte e ben foraggiata anche in termini di denari.
Un nord Africa islamico moderato è un conto (quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi) ma un nord Africa fondamentalista cambierebbe lo scenario di cooperazione nell'intera area. Forse l'unico vantaggio sarà quello che Israele farà meno il prepotente e rinuncerà a qualche territorio occupato (ingiustamente).
La Grecia sarà invece l'innesco per l'area euro. Sono sul baratro e onestamente stanno resistendo oltre le mie aspettative (anche grazie al fondo salva stati è chiaro).
Quando la Grecia collasserà (il problema è quando, non il se) è probabile che l'effetto domino colpirà altri stati europei e i soldi per i salvataggi sono sempre meno.

Questo è il risultato della globalizzazione. Purtroppo.

Una breve riflessione sui pensionati del futuro

Il futuro è nero e non si tratta di fare le cassandre. La disoccupazione giovanile è il dato che preoccupa di più.

Gli ultimi dati parlano di quasi il 30% di under 25 senza lavoro. Questo significa un'equazione semplice: niente lavoro = i giovani non si sposano = non si creano nuove famiglie = non ci saranno nascite.

Uno dei primi sistemi a scoppiare sarà l'Inps. Il saldo tra lavoratoti attivi (che pagano i contributi) e pensionati sarà negativo in maniera esponenziale.

E questo è solo l'inizio.

martedì 22 febbraio 2011

I partiti e la decadenza in Italia

Il 22 febbraio la Corte dei Conti ha scoperto l’acqua calda e cioè che in Italia la corruzione è una patologia.

Questa è solo l’ennesima conferma che la nostra nazione sta male. Sta male nel senso che la corruzione, gli attuali scandali politici, il poco peso che abbiamo all’estero, l’evasione fiscale, i “furbetti” e via dicendo sono indicatori del degrado sociale nel quale l’Italia vegeta.

Da questo presupposto ci chiediamo che ruolo hanno i partiti; se essi sono in grado di invertire questa tendenza.

In sostanza ci interroghiamo se in un momento di demolizione della società, dello stato e delle sue istituzioni, la politica come processo in cui si prendono decisioni importanti per le nostre vite sia un luogo che si possa lasciare in mano ai soli partiti.

La risposta è no. I partiti italiani, per la storia che hanno, e cioè per quello che hanno fatto e rappresentato in Italia, non sono più i referenti della nazione. Non hanno più alcuna credibilità.

Sono l’origine dei problemi. Sono vittime essi stessi di un mal costume perfezionato nei decenni, un sistema che pensa al sistema e non alla nazione. Il dopo Tangentopoli, la Seconda Repubblica, è un rafforzamento del vecchio sistema. Se si poteva sperare che il vecchio modus operandi fosse stato estirpato, bhè ci siamo sbagliati un po’ tutti. Diciamo che il virus è sopravvissuto agli anticorpi ed oggi è più forte di prima.

In Italia si muore ancora di malasanità, ci sono miliardi di euro sprecati in cattedrali nel deserto, la disoccupazione giovanile è ai massimi di sempre, l’euro ha impoverito le famiglie, le carceri scoppiano, l’immigrazione è in continua crescita. Questi sono solo alcune tematiche troppo importanti per essere lasciate in mano a quei partiti che noi tutti conosciamo bene.

Da decenni governano sempre gli stessi. Stessi nomi, stesse facce, stessi problemi. E noi italiani sempre buoni. Ma ora basta. In tutti i sensi. Non ci sono italiani di destra o di sinistra, ci devono essere italiani incazzati con il sistema.

Il Popolo prima.

lunedì 21 febbraio 2011

La Libia deve diventare un protettorato italiano


La situazione in Libia sta degenerando in maniera esponenziale. Il colpo di stato militare sembra sia solo questione di ore. La Comunità Internazionale per il momento sta a guardare. Solo qualche appello di circostanza e qualche critica per gli episodi di violenza.

L’Italia, o meglio il Governo, fa ancora meno. Nessuno si ricorda i 5 miliardi di euro che abbiamo dato alla Libia per danni di guerra? Questi soldi ora che fine faranno? La Libia sarà in grado di destituire Gheddafi e al tempo stesso evitare di diventare un paese dove regnerà la sharia?

La soluzione è quella di pretendere il protettorato sulla Libia. Non è fantapolitica. Paesi come gli Stati Uniti lo hanno fatto l’Iraq.

In questo modo potremmo difendere gli interessi nazionali in Libia e in più eviteremmo alla popolazione di finire in mano all’Islam più fondamentalista che taglierebbe fuori dal mondo il paese.

L’Italia si deve fare garante di democrazia e libertà per il bacino del Mediterraneo. Non dobbiamo lasciare che gli yankee con le loro multinazionali invadano i paesi africani che si affacciano sul Mare Nostrum.

Berlusconi: cosa succederà dopo di lui?

L’Italia politica di questi ultimi anni è incentrata solo su un concetto: il berlusconismo. È indubbio che questo non sia vero. Silvio Berlusconi, nel bene e nel male, sta magnetizzando l’attenzione su di sé e sul suo operato.

È in sostanza l’uomo forte – almeno di facciata – della politica italiana. Ma la sua vita politica sembra oramai essere arrivata, se non alla fine, in cima alla collina e per il futuro si intravede la discesa se non addirittura la caduta libera.

È quindi normale e necessario porsi una domanda: cosa succederà dopo Silvio Berlusconi?

Domanda semplice e diretta che purtroppo non ha una risposta altrettanto semplice. Anzi le risposte possono essere molteplici.

In primo luogo Berlusconi non ha un erede politico all’interno del Popolo delle  Libertà e questo è un primo problema, nel senso che, molto probabilmente, se esce di scena lui il PdL è destinato a frammentarsi nelle varie correnti – un po’ come è successo per la DC o per il PSI dopo Tangentopoli – e quindi vedremo la nascita di micro soggetti politici.

Si parlava di Letta al posto suo ma onestamente è improbabile che riesca a tenere in piedi la baracca del PdL.

Il Terzo Polo. UDC a parte, sembra un fuoco di paglia. Fini continua a perdere pezzi per strada nonostante alcuni centristi – e addirittura qualcuno della sinistra moderata – lo vedano di buon occhio; ma ripeto, Fini e il Terzo Polo non sono sicuramente la risposta alla nostra domanda. Avrebbero bisogno di pescare consensi sia a destra sia a sinistra innescando una convivenza, anche ideologica, improbabile.

La Lega. Alcuni la ritengono l’eterna cenerentola della politica italiana. Ma lo sapete che ad oggi, in Parlamento, la Lega – e il suo simbolo – è il partito più “vecchio” in Italia? Il movimento di Bossi è legato a doppio filo a Berlusconi. Sono al governo insieme perché la Lega da sola non va tanto oltre ai risultati ottenuti alle ultime politiche. Ha molte, anzi moltissime, amministrazioni al nord ma questo non le consentirà di tenere la maggioranza nel paese. Anzi oramai comincia ad essere un disco rotto la Lega, sempre a ripetere le stesse cose e, puntualmente, non le mette mai in atto. Su al nord c’è chi ancora crede alla favola delle secessione… poveri illusi. Come poveri illusi saranno quelli che credono al federalismo.

L’attuale opposizione. Sono l’antitesi della politica. Litigano tra di loro già alle primarie – che sarebbero una bella cosa ma impraticabile in Italia – e per giunta cambiano leder come Moratti cambia allenatori all’Inter… sono uniti dall’anti berlusconismo e questo fa pensare, per logica, che uscito di scena Berlusconi, loro si frammenteranno.
Dicevamo, non hanno leader degni di nota, anzi, alcuni fanno rimpiangere Prodi e questo penso la dica lunga. Il PD cerca di ottenere consensi ma ormai non cercano neppure più di presentare un programma. Perché scommetto che nessuno sa che programma abbiano. Ogni discorso, intervista o intervento ha per filo conduttore l’anti berlusconismo che ripeto, in alcuni aspetti è più che condivisibile ma non basta per essere un’alternativa di governo e tantomeno basta per governare sul serio il paese.

Italia dei Valori. Hanno rosicato voti alla sinistra ideologica, quella che per intenderci votava Bertinotti ma anche loro di argomenti ne hanno pochi e portati avanti da quel Antonio Di Pietro che oscilla sempre e solo tra arroganza e ignoranza. Non riesce a tenere un confronto senza inalberarsi, senza trascendere nel linguaggio che più gli si addice e cioè da pastore – senza offesa per i pastori veri -.  



No, non sarà facile avere un dopo Berlusconi indolore. L’Italia ha bisogno di una guida solida, robusta che riporti la nazione nei giusti binari. I politici e il carrettone che si portano dietro devono essere cambiati, estirpata questa classe politica del mangia - mangia o del bunga bunga.

Il popolo, cioè NOI TUTTI, deve essere rispettato e temuto da chi ci governa. Abbiamo un bisogno vitale di aria nuova, di gente nuova.

Noi del Comitato di Rinascita Nazionale, nel nostro piccolo, abbiamo cominciato la nostra personale lotta contro il sistema attuale, un sistema che non tiene in considerazione il popolo e la nazione. Siamo schiavi di tutto , banche, multinazionali, Comunità Europea e via dicendo. Basta! Il popolo e la nazione devono tornare protagonisti.

Il Popolo prima.