giovedì 31 marzo 2011

martedì 29 marzo 2011

Ma quali profughi?!?

Ma li avete visti i "profughi" arrivati a lampedusa? E avete visto donne, vecchi e bambini? E avete visto famiglie impaurite che scappano dall'inferno?

No. Lo so, non avete visto nessuno di cui sopra. Avete visto invece ragazzotti giovani e nel pieno delle loro forze, vestiti di tutto punto e con costosi cellulari. Insomma, l'esatto opposto di ciò che nell'immaginario comune è un profugo.

Questi individui hanno già le idee chiare su dove andare: chi in Francia, chi in Germania e chi nel nord Italia. E sanno già da chi andare, da amici che li stanno aspettando. La cosa che ci deve far preoccupare, se non addirittura spaventare, è che non dicono ciò che vanno a fare in questi posti. Nessuno di loro ha detto di volere un lavoro.

E comunque, visto che di lavoro non c'è molto vista la disoccupazione, che faranno questi?

Cominciate a preoccuparvi cari amici... La loro invasione è cominciata

mercoledì 23 marzo 2011

La necessità del cambiamento

Comitato di Rinascita Nazionale
Rabbia. Questo è il sentimento che purtroppo la situazione politica italiana fa scaturire in me ora. Rabbia per come la politica sfrutta il popolo, rabbia per come il popolo stesso non capisce che il primo e unico problema della nazione è la classe politica che ci governa.
E ancora rabbia nel vedere come la burocrazia sia arma del sistema e come il sistema si ingrassi a spese di noi poveri italianucci lamentosi e attendisti che il destino ci riservi un futuro migliore.

Nei giorni scorsi, guardando le celebrazione per l’Unità d’Italia, in televisione hanno fatto vedere il parlamento in seduta comune. Tutti i nostri senatori e deputati, ministri e sottosegretari insieme in un unico posto. Ebbene, c’è ancora qualche illuso che ritiene che tra quelli ci sia qualcuno in grado di migliorare l’Italia? Non crederete mica che lì in mezzo ci sia qualcuno a cui interessa del pensionato che vive con 500€ di pensione? Pensate veramente che un politico da 18.000€ al mese sappia veramente che problemi ha la gente oggi, nel 2011?

Lo volete capire che il primo problema, chiamiamolo problema Alfa, quello da cui partono tutti gli altri problemi, in Italia è proprio il sistema di questa classe politica?!?

E il secondo problema, grazie al quale il primo problema non viene risolto, è proprio il popolo italiano e il suo atteggiamento di rassegnazione! Ci si lamenta ma nessuno fa niente per cambiare! E non mi dite che è utopia! Svegliatevi! Tutti quanti voi dovete mettervi in testa che il cambiamento deve partire dal popolo italiano, da tutti quanti noi. Basta sudditanza, sia nazionale che internazionale.

Siamo la nazione migliore che il mondo possa avere, siamo il popolo più capace, intelligente, creativo che il mondo abbia. Lo dice la nostra storia ma non si può vivere, o meglio sopravvivere, delle glorie passate. Ci meritiamo questo? Tu che leggi pensi di meritarti uno dei debiti pubblici più alti al mondo? Pensi di meritarti un sistema giudiziario che per chiudere un processo ha bisogno di 10 anni? Pensi di meritarti un ministro dell’istruzione che non investe in cultura, in scienze e sviluppo? Pensi di meritarti la disoccupazione giovanile più alta di Europa? Pensi di meritarti il bunga bunga? O pensi di meritarti la sinistra inesistente e ameba?
Non so se pensi di meritartelo. Io non me lo merito ma soprattutto non se lo meritano i nostri figli e non se lo merita la memoria dei nostri antenati che hanno reso grande l’Italia nel mondo!

E allora smettila di piagnucolare e datti da fare. E come puoi darti da fare? Unendoti a noi per prima cosa. Ricorda, l’unione fa la forza. Insieme possiamo cambiare. Per il bene dell’Italia, prima il popolo.

martedì 22 marzo 2011

Nucleare italiano, come fidarsi di chi non riesce nemmeno a gestire la monnezza quotidiana


La questione del nucleare irrompe in Italia con la stessa violenza del terremoto in Giappone. Si perché quel terremoto e i danni da esso provocati in particolar modo alla centrale atomica di Fukushima hanno creato un’onda emotiva che sta dominando il dibattito sul nucleare in Italia.

Regola vuole che l’emotività sia sempre una cattiva consigliera ed è per questo che parlare oggi di nucleare non serve a molto. Se ti sei scottato con il fuoco poi resti distante anche dal fornello della cucina, in pratica.

Senza ipocrisia o retorica riteniamo che il nucleare è una fonte di energia che va capita, studiata e perfezionata. Perché questi tre verbi? Semplice. Va capita perché ad oggi, nella gente comune, c’è molta cattiva informazione su come funziona una centrale atomica. E la cattiva informazione non aiuta a capire la questione nucleare. Va studiata come fonte energetica perché c’è ancora molto da imparare sul nucleare. La fusione nucleare fredda, ad esempio, è ancora agli albori come tecnica. Tecnica che secondo gli esperti ridurrebbe la produzione di scorie radioattive, ad esempio. E poi va perfezionata perché le odierne tecniche ci permettono di costruire centrali sicure e con le giuste procedure ci permettono di stoccare le scorie in maniera definitiva.
Il disastro ambientale Deepwater
E poi una centrale a carbone, ad esempio, nell’immediato è decisamente più inquinante. Basti pensare a quanta CO2 viene immessa nell’atmosfera, a che impatto ambientale provoca una miniera di carbone e il suo trasporto. Idem per il petrolio. Ricordate la piattaforma Deepwater nel golfo del Messico? Quanto ha inquinato? Ma grazie alle potenti lobby dei petrolieri ora tutto tace… ma questo è un altro discorso.  

Questo comunque è il nostro pensiero in senso assoluto. Riduciamo ora il ragionamento al caso italiano.

La musica cambia. Immaginate la nostra classe politica/amministrativa alle prese con la gestione di una centrale nucleare. Ma se non riescono neppure a gestire i rifiuti normali! Solo in alcune aree del paese, al nord in particolare, si riesce a fare la raccolta differenziata. Per il resto guardiamo cosa è successo a Napoli, montagne di rifiuti per strada senza capire di chi è la colpa e soprattutto senza nessuno che si preoccupasse per la raccolta . Si rischia di fare dei discorsi da leghisti (Dio ce ne scampi e liberi!) ma onestamente è difficile a immaginarsi la Calabria o la Campania in grado di gestire una centrale nucleare senza che il mafiosetto di turno ci metta il naso. E questo tutto a discapito della sicurezza, ovvio.

In Italia non ci si può fidare del nucleare perché non ci si può fidare degli italiani e del nostro modo di affrontare le cose. Triste come concetto ma sfidiamo chiunque a contraddirlo.

sabato 19 marzo 2011

La Libia dovrebbe essere una questione Italiana

Vedere i caccia francesi attaccare le truppe del camelliere e quasi ex rais Gheddafi fa pensare che l'Italia avrebbe potuto gestire l'affaire Libia in maniera diversa. Doveva essere il nostro paese a farsi promotore di qualsivoglia iniziativa. L'Italia così resta in una situazione di limbo nell'area del mediterraneo quando invece dovrebbe essere proprio il nostro paese il principale custode di questa area strategica. Custode di pace e di quella cultura latina che ci ha visti nei secoli come unico punto di riferimento per l'intera zona.
Il nostro governo, che ha concesso molto, anzi troppo al rais di Tripoli, ora rischia di restare con un pugno di mosche in mano. 
E per dirla tutta l'unico paese europeo che sta avendo noie dalla situazione libica è prorpio il nostro. Guardate a Lampedusa che situazione si sta verificando. La popolazione di quella bellissima isola si trova ora in prima linea nella invasione di profughi che scappano dal nord Africa. E l'Europa non ci sta aiutando.

Purtroppo ancora una volta i nostri deprecabili politici non sono in grado di guidare la nostra nazione. Ma cosa ci fanno ancora le nostre truppe in Afghanistan quando il Mediterraneo sta esplodendo? Stanno agli ordini dei sionisti e degli americani come ormai avviene da decenni.

Arriverà il giorno che torneremo grandi tra i grandi!
 

mercoledì 16 marzo 2011

Prima di festeggiare facciamo gli Italiani


Ormai ci siamo, domani è il 17 marzo, giorno in cui ci sarà il clou delle manifestazioni per la celebrazione dei 150 anni di unità d’Italia.

Andiamo subito al punto: c’è poco da festeggiare. Perché? Perché manca una cosa fondamentale per festeggiare l’unità d’Italia, manca lo spirito nazionalista e patriottico. La bandiera, il nostro Tricolore, è al centro di una polemica che solo in Italia poteva nascere. La sinistra si scopre improvvisamente patriottica e si fa in quattro ad esporre la bandiera ovunque. Ma come mai questo improvviso Amor Patrio? Ovvio, per polemizzare con parte del governo, la Lega, che come è chiaro non solo non festeggerà l’unità d’Italia ma sta facendo di tutto per screditare la ricorrenza.

Questo è sintomatico di come nella nostra nazione siamo divisi su tutto e anche di più. Ognuno cura il proprio orticello, piccolo o grande che sia. È perso (o forse non c’è mai stato) ogni buon proposito per migliorare. L’Italia è attanagliata da problemi seri e i politici che fanno? Litigano se usare la bandiera o no. Ma come pensiamo di considerarci una grande nazione se siamo governati da piccoli uomini?

E l’italiano medio cosa fa? Come sempre si adegua, forse rassegnato da questa situazione di pantano politico che infanga la nostra nazione.

Prima di festeggiare bisogna fare gli italiani. Non basta esporre una bandiera per esserlo. Bisogna comportarsi da italiani. Bisogna essere uniti nel rispetto delle regole, dei valori e dei principi che già 2000 anni fa fecero di Roma e dell’Italia il centro del mondo, faro dell’umanità. Quando tutti noi riscopriremo nel nostro animo quell’italianità sopita allora sì che potremmo festeggiare.

sabato 12 marzo 2011

Il Giappone, la grandezza di una nazione

Guardare ad altri paesi e ricercare in questi qualità o comportamenti migliori di quelli italiani è un atteggiamento che non ci piace e che ripudiamo. Ma oggi bisogna fare un’eccezione.

Il Giappone, colpito e messo in ginocchio da terremoto prima e tsunami dopo, ci sta dando un esempio di come una nazione deve essere. Duramente colpiti i giapponesi hanno dato dimostrazione di una dignità e preparazione che non si era mai vista.

Non parliamo del fatto che non si sono viste scene di panico, parliamo del fatto che in quel paese sono organizzati e pronti a tutto. Cosa intendiamo per organizzati? Cerchiamo di spiegarlo. Facciamo l’esempio di ciò che è avvenuto all’Aquila. Edilizia precaria caduta giù come un castello di carta nonostante quella sia un a delle zone più sismiche d’Italia. A distanza di anni il centro della città è ancora un desolato cumulo di macerie. La sciagura usata per farne dello sciacallaggio politico. Addirittura organizzare lì il G8 e per cosa poi? Per sapere che i potenti della terra dormono in comodi letti quando a pochi metri tutta la popolazione era nelle tende?

E si potrebbe continuare. In Giappone invece abbiamo visto come deve essere organizzata una nazione. Organizzata perché le regole sono rispettate da tutti. Perché i politici rispettano il popolo facendo ciò che promettono. Nessuno si sognerebbe di speculare sulla costruzione di un ospedale magari usando materiali scadenti. Cosa che purtroppo in Italia avviene. La corruzione e la speculazione da noi sono all’ordine del giorno e questo rattrista. Diamo per scontato la tangente o la burocrazia pachidermica.

Immaginiamo come sarebbe bello che anche da noi le cose funzionassero: edilizia pubblica all’avanguardia, politici che si occupano di politica e non di gossip, rispetto delle regole…

Ma fino a quando non cambiamo tutta l’attuale classe politica non cambierà nulla.

Prima il popolo.     

mercoledì 9 marzo 2011

I 150 anni dell'Unità d'Italia, un'occasione persa

Il 17 marzo si festeggerà l’Unità d’Italia, data importante che in perfetto stile italiano sta creando più polemiche (sterili) che altro.

Da questa ricorrenza possiamo prendere spunto, o meglio ragionare, su una cosa evidente: in Italia lo spirito nazionalista e patriottico non è presente. Manca e comincia a mancare soprattutto sulla fetta più giovane di popolazione. Questo è sintomatico di una perdita di certi valori che sono importanti per affermarsi come nazione.

Il marchese D’Azeglio disse giusto: “Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gli italiani.” A 150 anni di distanza queste parole sono ancora attuali. Anzi, se nel 1861 la mancanza di spirito di nazione era quasi giustificabile, oggi non lo è più.

Ma cosa intendiamo per nazionalismo? Una definizione a nostro avviso esaustiva è quella che si può trovare su Wikipedia: “Si definisce nazionalismo l'ideologia, che è relativa a quelle dottrine e movimenti che sostengono l'affermazione della nazione intesa come collettività omogenea e ritenuta depositaria di valori tradizionali tipici ed esclusivi del patrimonio culturale e spirituale nazionale”.

Perché ci si dovrebbe trovare qualcosa di negativo in questo? E’ ovvio che chi rema contro a questo sentimento è proprio quella parte di popolazione radical chic, piccolo borghese e legata a una certa ideologia sinistrorsa che altro non è che il cancro di un popolo.

Perché non si perseguita chi discredita la reputazione della nazione? Perché nelle scuole in ogni classe non c’è il Tricolore? Perché non viene eseguito l’Inno Nazionale prima di grandi eventi nazionali?

Quando l’italiano si renderà conto che merita di più in termini di rispetto, allora torneremo ad essere grandi sia come nazione che come popolo. E per rispetto non intendiamo il rispetto estero ma quello interno. Pretendere che le cose girino per il verso giusto, pretendere che chi sbagli paga anche, e soprattutto, se si tratta di un politico.

Essere ligi alle regole sembra però che non sia nel nostro DNA, in particolar modo in certe regioni del meridione, dove ancora si può morire di malasanità e dove l’anti-stato (associazioni criminali) detta legge.

A 150 dall’Unità siamo qua a litigare se festeggiare o meno questa ricorrenza, divisi come al solito su tutto, in pieno stile italico. Peccato, poteva essere l’occasione per smentire una volta per tutte D’Azeglio.

martedì 1 marzo 2011

Disoccupazione, invertire la rotta si può


La disoccupazione giovanile segna purtroppo un nuovo balzo in avanti portandosi al 29,4% dato che segna il record negativo per il nostro paese.

Questa situazione va analizzata a fondo al netto della crisi economica. Si perché se da una parte è vero che la disoccupazione è ciclica, segue cioè i cicli economici, è anche vero che la disoccupazione giovanile supera di oltre 20 punti la disoccupazione media.

È quindi un problema che va al di là della crisi economica. Abbiamo già formulato nel post del 23 febbraio una brevissima riflessione sulla situazione dei pensionati del futuro e ripetiamo ora l’equazione dalla quale siamo partiti:

niente lavoro = i giovani non si sposano = non si creano nuove famiglie = non ci saranno nascite

è un ragionamento meramente apolitico. Non serve essere degli economisti per capire quale sarà il risultato di questa equazione; l’INPS, il nostro istituto di previdenza sociale, collasserà.

Collasserà perché si mantiene in equilibrio tra le entrate, cioè i contributi che vengono versati, e le uscite, cioè le pensione che elargisce. Se il saldo diventa negativo, e cioè l’INPS paga più pensioni che contributi raccolti, l’istituto andrà in passivo.

È già successo in passato che l’INPS abbia avuto dei passivi di bilancio ma questi passivi, in parole povere, dipesero dalla cattiva gestione manageriale dell’ente e non da differenza negativa tra entrate e uscite.

È anche ovvio che se aumenta la disoccupazione, aumenta il numero di persone che non versano i contributi.

Bisogna quindi affrontare il problema in maniera trasversale, non solo in termini economici ma anche sociali.

Cosa bisogna fare? Una prima iniziativa che allo stesso tempo è simbolica ma efficace è quella di ridurre le mega pensioni. Parlo di quelle pensioni riscosse da ex giudici, ex magistrati, ex politici e così via… sapete benissimo che il divario tra queste tipologie di pensione e quelle riscosse dalla stragrande maggioranza degli italiani è enorme. La questione, quindi, è anche morale. Se nel mondo del lavoro ci sono lavori più difficili di altri è inutile affermare che in pensione abbiamo tutti lo stesso peso, non c’è più il giudice o l’operaio ma solo pensionati e tutti devono avere pari dignità.

Entrando più nello specifico si deve impedire alle aziende di andarsene all’estero. Non è vero che gli italiani non vogliono più fare certi lavori (tant’è che la disoccupazione c’è anche fra gli immigrati). È vero invece che le fabbriche chiudono e se ne vanno all’estero. Questo lo impedisci per prima cosa riducendo le tasse, imponendo dazi ai paesi che effettuano concorrenza sleale (così da bilanciare la diminuzione di tasse alla aziende), incentivando la ricerca e sviluppo e non piangersi addosso se assistiamo alla “fuga dei cervelli”. I cervelli non scappano ma vanno dove possono sopravvivere.

La politica economica deve essere protezionistica, la globalizzazione ha portato più oneri che onori. E questo non solo in Italia, non siamo gli unici a soffrire. Se non si inverte la rotta, se non s interviene in maniera decisa, bhè allora ci sarà da piangere lacrime di sangue. Non è una minaccia ma semplice logica.