martedì 1 marzo 2011

Disoccupazione, invertire la rotta si può


La disoccupazione giovanile segna purtroppo un nuovo balzo in avanti portandosi al 29,4% dato che segna il record negativo per il nostro paese.

Questa situazione va analizzata a fondo al netto della crisi economica. Si perché se da una parte è vero che la disoccupazione è ciclica, segue cioè i cicli economici, è anche vero che la disoccupazione giovanile supera di oltre 20 punti la disoccupazione media.

È quindi un problema che va al di là della crisi economica. Abbiamo già formulato nel post del 23 febbraio una brevissima riflessione sulla situazione dei pensionati del futuro e ripetiamo ora l’equazione dalla quale siamo partiti:

niente lavoro = i giovani non si sposano = non si creano nuove famiglie = non ci saranno nascite

è un ragionamento meramente apolitico. Non serve essere degli economisti per capire quale sarà il risultato di questa equazione; l’INPS, il nostro istituto di previdenza sociale, collasserà.

Collasserà perché si mantiene in equilibrio tra le entrate, cioè i contributi che vengono versati, e le uscite, cioè le pensione che elargisce. Se il saldo diventa negativo, e cioè l’INPS paga più pensioni che contributi raccolti, l’istituto andrà in passivo.

È già successo in passato che l’INPS abbia avuto dei passivi di bilancio ma questi passivi, in parole povere, dipesero dalla cattiva gestione manageriale dell’ente e non da differenza negativa tra entrate e uscite.

È anche ovvio che se aumenta la disoccupazione, aumenta il numero di persone che non versano i contributi.

Bisogna quindi affrontare il problema in maniera trasversale, non solo in termini economici ma anche sociali.

Cosa bisogna fare? Una prima iniziativa che allo stesso tempo è simbolica ma efficace è quella di ridurre le mega pensioni. Parlo di quelle pensioni riscosse da ex giudici, ex magistrati, ex politici e così via… sapete benissimo che il divario tra queste tipologie di pensione e quelle riscosse dalla stragrande maggioranza degli italiani è enorme. La questione, quindi, è anche morale. Se nel mondo del lavoro ci sono lavori più difficili di altri è inutile affermare che in pensione abbiamo tutti lo stesso peso, non c’è più il giudice o l’operaio ma solo pensionati e tutti devono avere pari dignità.

Entrando più nello specifico si deve impedire alle aziende di andarsene all’estero. Non è vero che gli italiani non vogliono più fare certi lavori (tant’è che la disoccupazione c’è anche fra gli immigrati). È vero invece che le fabbriche chiudono e se ne vanno all’estero. Questo lo impedisci per prima cosa riducendo le tasse, imponendo dazi ai paesi che effettuano concorrenza sleale (così da bilanciare la diminuzione di tasse alla aziende), incentivando la ricerca e sviluppo e non piangersi addosso se assistiamo alla “fuga dei cervelli”. I cervelli non scappano ma vanno dove possono sopravvivere.

La politica economica deve essere protezionistica, la globalizzazione ha portato più oneri che onori. E questo non solo in Italia, non siamo gli unici a soffrire. Se non si inverte la rotta, se non s interviene in maniera decisa, bhè allora ci sarà da piangere lacrime di sangue. Non è una minaccia ma semplice logica.

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