lunedì 12 novembre 2012

Chi non rispetta l'ambiente è un criminale

E' inconcepibile che nel 2012, in Italia, ci troviamo di fronte all'ennesimo disastro idrogeologico. Ogni anno assistiamo a esondazioni di fiumi, frane e dissesti in gran parte delle regioni. Ogni anno ci sono le solite polemiche che non sono seguite dai fatti.

Ci si deve mettere in testa che il reispetto dell'ambiente è un dovere sacrosanto di tutti. Il territorio Italiano (che il mondo ci invidia) va salvaguardato e non sfruttato. Non vi è interesse sociale o economico che possa venire prima dell'interesse collettivo di preservare l'ambiente.

La colpa se le cose stanno così è di tutti. E' uno sporco alibi dare la colpa ai soliti noti. Purtroppo è tipico dell'italiano affidarsi alla provvidenza. Tanto, è il comune pensiero, ci penserà qualcuno a ripulire i fiumi. Sbagliato! Dobbiamo essere noi tutti a dare l'esempio.

lunedì 29 ottobre 2012

Regionali Sicilia, è Grillo il grande perdente

Grillo non sfonda in Sicilia
Doveva essere l'incoronazione del movimento di Grillo. Invece in Sicilia anche il comico ha dovuto inchinarsi al partito numero uno in Italia, l'astensionismo.

Nonostante sia uno dei movimenti che ha preso più preferenze, paradossalmente non è riuscito nel suo intento e cioè portare a votare chi è stanco della solita politica italiana.

Per Grillo quindi il test siciliano è da ritenersi deludente perchè più del 50% dei siciliani non ha votato e quindi si conferma uno scenario politico nel quale nessun candidato risulta credibile.

Questo ci pare ovvio, non possiamo scegliare tra la solita politica di casta e l'antipolitica di un comico. Serve qualcosa di veramente nuovo: serve la buona politica. Possibile che in Italia non ci sia una sola persona che riesca a infondere fiducia? L'astensionismo è una protesta che fa il gioco del sistema quindi bisogna trovare strade alternative e più incisive per dimostrare il dissenso popolare.


giovedì 25 ottobre 2012

Addio Silvio (forse)

Berlusconi molla, sarà vero?
La notizia alla fine è arrivata, Silvio Berlusconi abbandona il comando del PdL. Lo stesso Cavaliere ha annunciato che lascia spazio ai giovani e che entro dicembre si terranno le primarie per eleggere il candidato premier del PdL. 
Già perchè di fatto Angelino Alfano, segretario del partito, non è spendibile come premier e quindi serviranno le primarie che forse definiranno quella figura che faccia da collante tra le varie correnti pidielline.
Il centrodestra è alla ricerca quindi di quella figura, anzi, dell'uomo del destino, che dia una seconda vita al soggetto politico creato nottetempo da Berlusconi.
Sarà interessante vedere come e se il giocattolo non si romperà. Alcuni degli ex AN, che da subito avevano mal digerito la fusione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale, potrebbero ora prendere la palla al balzo e creare un partito alla destra del PdL magari dando una casa anche ai leghisti scontenti delle ruberie del movimento di Bossi.

E' ovvio, da parte nostra, che comunque andrà a finire sarà sempre un rigenerarsi dello stesso male. Si vedranno sempre le solite facce, i volti noti dei politici che della politica hanno fatto la loro unica fonte di reddito, gente che fuori dal Parlamento ingrosserebbe le fila dei falliti.

Il sistema tutela sempre se stesso, basta vedere la porcheria che il PD sta facendo per evitare che le primarie vengano vinte da un uomo (forse) smarcato dal sistema. Stessa musica per il PdL.

Vuoi vedere che il vero colpo di scena sarà l'annucio di Berlusconi che (ri)scenderà in campo?

Staremo a vedere.

martedì 16 ottobre 2012

La crescita non ci sarà

Nessuna crescita per l'Italia
La crescita non ci sarà. Almeno in Italia, con questa strategia di politica economica portata avanti dal Governo Monti, la crescità resterà una chimera.

Non occorre essere esperti in economia politica per capire com'è realmente la faccenda in Italia. Partiamo dal definire la crescita. Per crescita economica si intende quel fenomeno di macro economia che ha come caratteristica la crescita nel medio-lungo periodo di alcuni indicatori economici come l'occupazione, lo scambio e la produzione di merci, l'incremento di servizi ecc. In sostanza, in parole povere, si ha crescita economica quando in un Paese girano più soldi proprio perchè la domanda di beni e servizi è superiore all'offerta.
Fin qui è semplice. Ma chi è che fa aumentare la domanda? Il consumatore. E chi è il consumatore? Siamo tutti noi, persone fisiche e non aziende, che compriamo nel mercato bene e servizi che soddisfano i nostri bisogni primari e secondari.
Per essere consumatore e quindi per accedere ai bene e ai servizi bisogna avere anche dei soldi per pagare ciò che ci serve. E qui cominciano i problemi. Se una persona perde il lavoro generalmente perde anche il suo reddito e quindi perde la capacità di fare acquisti. E se non fa acquisti chi produce beni o offre servizi non vende, o meglio vende di meno e incassa meno soldi. E se incassa meno soldi ovviamente a sua volta spenderà di meno.

E' una spirale che sta colpendo l'Italia. Con un tasso di disoccupazione che passa il 12% conteggiando anche chi non cerca più lavoro, il nostro Paese sta perdendo consumatori e quindi perde ricchezza. Se la gente non guadagna non spende.

Il Governo in situazioni di crisi è l'unico soggetto economico che può intervenire opponendosi a questa spiarele. Purtroppo Monti e i suoi Ministri stanno agevolando questa spiarale.
Per ridurre il debito pubblico (che è il debito che è stato fatto dalla classe politica ma che per oscuri motivi lo deve pagare il cittadino) il Governo sta da una parte aumentando le tasse e dall'altra riducendo la spesa pubblica.

Tradotto: al cittadino che vengono aumentate le tasse restano meno soldi da spendere, alle istituzione che vengono tagliati i fondi restano meno soldi da investire. Quindi come possiamo credere che in Italia con questa disoccupazione elevata e quasta politica fiscale oppressiva ci potrà essere crescita?


martedì 17 maggio 2011

Il sistema vacilla sotto i colpi dell'astensione

“L’Italia se desta” contro il sistema politico. E lo fa non andando a votare. L’astensionismo è sintomo di una scontentezza chiara, palese e che deve farci riflettere. L’italiano non vota più per due motivi l’uno conseguente all’altro. Il primo motivo è semplice: chi si presenta, ad oggi, non rappresenta un cambiamento. Non ci sono facce nuove ne a destra ne a sinistra e quindi non c’è nulla in questi candidati che possa far auspicare ad un cambiamento. Il secondo motivo, conseguente al primo, è che l’unica arma in mano ai cittadini è il non voto. Non votare significa non essere partecipi nell’avvallare il sistema dando il nostro voto.
Negli ultimi anni, diciamo nella Seconda Repubblica, si vota scegliendo il male minore. Fenomeni eclatanti come la Lega si sono raffreddati non registrando più gli exploit degli anni passati. Anzi, fare politica a colpi di slogan da propaganda elettorale, non paga più. E questo perché il Paese è attanagliato da problemi gravi e radicati. Crisi economica, immigrazione, disoccupazione non si combattono a parole ma con i fatti. La nostra crescita economica è la peggiore dei paesi più industrializzati e il governo non sta facendo nulla. La Germania è la prova che la crisi sta passando. Per noi invece la situazione resta critica.
Ed è per questo che la popolazione è stanca di promesse che non saranno mai mantenute perché ad oggi, lo sappiamo, nessuno le ha mai mantenute e nessuno le manterrà. Chi ci governa sta consegnando il Paese al caos più nero ed è allarmante come a Milano un esponete della sinistra più estrema e pericolosa per ideologia e intenti sia al ballottaggio.
Il messaggio che vogliamo trasmettere è che in Italia l’unico cambiamento possibile può e deve partire dal popolo. Non bisogna nascondersi, bisogna uscire allo scoperto. L’alternativa è responsabilizzarci come cittadini e non temere di metterci la faccia. In che modo? Semplice, le liste civiche sono la nostra arma migliore. Cominciamo a presentare alternative nuove nei comuni, diamo un segnale al sistema che l’italiano non è l’apatico essere interessato al proprio orticello e al calcio ma che invece si sta destando sul serio.

giovedì 28 aprile 2011

Sarkozy e la sudditanza di Silvio

L’Italia non bombarderà la Libia. Anzi sì, bombarderà la Libia. Questa, in sintesi, è la linea tenuta in politica estera dal governo italiano.
Praticamente tutto e il contrario di tutto. Siamo deboli in politica estera. Questo fatto lo avevamo già denunciato poco tempo fa (Europa? No, Grazie!) e il vedere verificate le proprie profezie e poter dire “noi lo avevamo detto” è veramente di magra consolazione.

Sarkozy  viene in Italia, si incontra con Berlusconi, parlano della crisi libica e dell’immigrazione e tempo un’ora dalla fine dei colloqui il nostro ministro della difesa annuncia che l’aviazione militare italiana prenderà parte ai bombardamenti in Libia. Belle marionette!

È dall’inizio della crisi libica che il nostro governo non sa prendere una posizione che sia netta e chiara. Una posizione che deve tutelare gli interessi del nostro paese. Ebbene, tanto per essere propositivi a differenza di critica e basta, noi diciamo che l’Italia non deve spendere un solo euro per una guerra che si sa dove inizia e non si sa dove finisce. Anzi, dobbiamo concentrarci solo sui respingimenti dei clandestini e sul rimpatrio di chi è già arrivato in Italia. Noi non possiamo più mantenere nessuno in Italia. Abbiamo già un bel carrettone di politici scalda poltrone da mantenere ma anche per loro, un giorno, arriverà l’ora del “respingimento”!

giovedì 21 aprile 2011

Europa? No, grazie!

In questo ultimo lustro abbiamo assistito ad una serie di eventi economici, sociali e politici che mai si erano verificati in simultanea sulla scena globale.

Eventi che per comodità vengono inglobati in quello che ormai definiamo “la crisi” riferendoci per lo più alla crisi economica in senso stretto.

Sappiamo come ci siamo arrivati ma non sappiamo come ne usciremo. E questo è un dato di fatto. Infatti, ad oggi, nessuno sa con certezza se la crisi economica è passata oppure se siamo nell’occhio del ciclone e quindi in un momento di calma illusoria.

Ma veniamo al punto. Che parte svolge la Comunità europea in questa crisi? L’Italia, che fa parte dell’Unione Europea, che benefici ha da questa unione? Nessuno. C’è ancora qualcuno che vuole affermare il contrario? E se vuole affermare il contrario, che tesi porta a sostegno?

La situazione libica ha enfatizzato quanto poco l’Unione Europea può servire all’Italia. Ci hanno lasciati completamenti soli nel gestire i flussi di profughi che arrivano dal nord Africa. L’Europa è un club dove solo pochi soci contano sul serio e traggono benefici da questo accordo. Paesi come la Germania o la Francia prendono le decisioni vere, quelle che contano e che hanno peso. L’Italia non è certo uno dei paesi che conta. I nostri politici non sono in grado di riportarci in una situazione di parità nel peso politico internazionale, non abbiamo credibilità.

Ma a prescindere da tutto ciò, a noi cittadini, chi ci ha mai chiesto se volevamo aderire alla Comunità europea con tutto quello che ne consegue? Nessuno! Ci siamo ritrovati l’euro che ha dimezzato il potere d’acquisto delle famiglie, ci siamo trovati il trattato di Schengen con il quale non possiamo controllare chi viene a casa nostra, il trattato di Lisbona con il quale il parlamento europeo potrà decidere sulla vita dei cittadini italiani…

Per noi la scelta giusta da fare ora è la recessione formale dall’Unione Europea perché continuare per questa strada ci porterà, di fatto, ad essere governati da chi neppure conosciamo. Ci hanno tolto la nostra moneta nazionale, ci hanno tolto i nostri confini, il nostro parlamento è costretto a recepire le direttive europee… che altro dobbiamo aspettare? Che cancellino la nostra storia e la nostra identità?

martedì 12 aprile 2011

I bravi amministratori si vedono nei momenti del bisogno. E in Italia non se ne vedono di sicuro.

Non sanno più che pesci pigliare
Il cammelliere Gheddafi lo aveva annunciato, se mi attaccherete l’Europa sarà invasa da decine di migliaia di profughi. Che l’onda umana che arriva dal nord Africa sia la conferma delle minacce del dittatore libico è fuori discussione ma che abbia messo in crisi l’Europa è quanto mai discutibile.
È invece vero che ha messo in crisi l’Italia, dal punto di vista sociale, economico e soprattutto sul piano politico internazionale e nazionale.

È una crisi che colpisce con pari forza il peso politico internazionale del nostro paese e la maggioranza che governa l’Italia. Dal punto di vista internazionale ci siamo mossi male da subito. O meglio, da subito non ci siamo mossi, e quando lo abbiamo fatto lo abbiamo fatto nella maniera che ci viene meglio e cioè nell’italica maniera. Forse Frattini & Co. speravano che la Francia non andasse fino in fondo cosa che invece è successa. Alla Farnesina, per paura di fare brutta figura e compromettere i rapporti con Tripoli hanno tentennato evitando di prendere una posizione da subito anti – Gheddafi. Questa mossa ci ha di fatto estromessi dalla stanza dei bottoni. Le opzioni erano due, fare la parte del leone con la Francia oppure fare come le Germania, disinteressarci del conflitto e negare le basi fino a quando non fosse stata la Nato a chiederle e anche in quel caso avremmo potuto decidere di non concedere le basi ad aerei che invece di far rispettare la no fly zone attaccano anche al suolo (situazione che non era prevista dalla risoluzione ONU).

Fatto sta che questo conflitto libico ha messo in evidenza i punti deboli del governo, come dicevamo, sia nella politica interna sia nella politica estera. Il ministro dell’Interno Maroni sia in sede europea sia su piani bilaterali con Tunisia prima e Francia poi ha tentato di trovare accordi che sgravassero l’Italia del peso dei flussi migratori. Risposta: l’Algeria per aiutarci vuole soldi, la Francia in sostanza dice che ci dobbiamo arrangiare e l’Europa ci risponde che dopotutto i profughi non sono tanti, ce la dobbiamo cavare da soli. E tutto quello che riesce a dire Maroni è che forse non vale la pena di restare in Europa. Che genio! Che statista!

Quindi, dando per assodato che in Europa non contiamo nulla ora ci resta il problema di quella massa umana che è arrivata e sta arrivando in Italia.

Fuga da Manduria
E anche qui il governo ha gestito la situazione in maniera pessima. Non ci piace fare come la sinistra che critica, spara a zero e non propone mai nulla. Per essere pragmatici la questione clandestini andava gestita in questa maniera: trattenere più clandestini possibili a Lampedusa ed evitare di portarli in continente. E questo perché sull’isola più di là non andavano, in continente scappano dai centri accoglienza e chi si è visto si è visto! Da subito invece cominciare con i rimpatri e i respingimenti. Pattugliare le acque territoriali e riportare in acque internazionali i barconi. E se ONU o UE dicono che non è umano che se li vengano a prendere loro.

I leghisti dicono che questa è una situazione eccezionale e noi diciamo che i bravi amministratori si vedono nel gestire casi eccezionali. In questo caso non ci sono bravi amministratori ma tanti chiacchieroni.

Per finire una considerazione: la Germania ci dice che l’onda migratoria del nord Africa è inferiore a quella albanese o kosovara degli anni 90 e quindi meno pericolosa dal punto di vista socio-economico. Ecco, noi alla Germania rispondiamo così: avete preso in considerazione che la disoccupazione attuale e la crisi economica ci hanno resi più deboli rispetto agli anni 90?

martedì 5 aprile 2011

Rispetto.

Rispetto. Se prendiamo il vocabolario e cerchiamo il significato di questa parola troviamo tra le definizioni frasi del tipo: Sentimento che ci induce a riconoscere i diritti, la dignità di qualcuno” e ancora “Sentimento e atteggiamento di deferenza verso qualcuno che si ritiene degno di stima e di onore”.

Questa parola con un significato così importante manca dal vocabolario del politico italiano, sia di destra sia di sinistra. Mancano di rispetto nei confronti di noi cittadini, del popolo, di coloro che dovrebbero rappresentare. Manca perché non c’è rispetto nel percepire 15.000 mila euro al mese di stipendio e magari non essere presente in aula. Non c’è rispetto nel presentarsi in parlamento sotto inchiesta o peggio con condanne passate in definitiva. Non c’è rispetto nel propagandare dottrine anti-italiane ma continuare a percepire le indennità dallo stato italiano.

Questa è una lista minima, ognuno di noi avrà chissà quanti esempi da portare a sostegno del fatto che chi dovrebbe rappresentarci invece non ci rispetta.

La consolazione è che il problema è trasversale, colpisce la destra come la sinistra. Cosa cambia se al posto di Berlusconi c’è Bersani. Proprio nulla. Basta vedere quanti governi ha cambiato l’Italia dal dopo-guerra. Sono cambiate le cose? No, sono solo peggiorate. La Prima Repubblica si è evoluta in qualcosa di più macchinoso ma allo stesso tempo più resistente. La corruzione e le tangenti continuano come se Mani Pulite non ci fosse mai stata. E gli italiani? Sempre lì a lamentarsi, ad aspettare che le cose migliorino e a imprecare quando invece vanno peggio. Attendismo tipico italiano. Ma è ora di dare un taglio a questo sistema. È ora di pretendere quel rispetto che i politici non ci riservano. Lo vogliamo capire che sono al nostro servizio?

Se le cose vi vanno bene così, allora, dopotutto, non meritate rispetto.

giovedì 31 marzo 2011